Fabio Donato

è nato a Napoli nel 1947. Negli anni Sessanta i suoi interessi spaziano tra fotografia, poesia, musica, pittura e studi di Architettura. Nel 1970 fa un lungo viaggio in India. Prima di quel viaggio in India, non è ancora un fotografo di professione. Gli piace fotografare, esplorare i territori delle arti e le trasformazioni culturali in atto scattando con la sua Leica. In quel periodo il suo approccio alla fotografia è identico a quello che ha con la poesia, con la musica, con la pittura, con il teatro.

Quel viaggio è l’inizio di un percorso esistenziale ed artistico che si esprimerà negli anni con un attento lavoro di ricerca fotografica e produzione artistica contemporanea.
Infatti il viaggio in India segna una svolta che gli è dettata, come nella totalità delle sue azioni, dall’intuito che lo guida verso scelte a volte ponderate e poi maturate nel tempo o verso decisioni che lo portano a cogliere un punto di vista differente. Differente perché contiene in sé la sintesi tra cultura personale e sociale che agisce nel momento stesso in cui esprime l’atto artistico e perché mette insieme la complessa formazione del fotografo con il mondo, con l’habitat e con ciò che lo movimenta.

Nasce da queste pulsioni la mostra dedicata all’India, dove una serie di scatti a polpacci e piedi, in bianco e nero, ad altezza naturale, spaccato sociale delle periferie urbane indiane, della precarietà materiale e della ricchezza umana, vengono allestiti in un continuum di frames distribuiti sulla lunghezza delle pareti alla galleria internazionale Diaframma di Milano nel 1971.
Nel 1972 l’opera vince la targa d’argento alla Biennale di Reportage di Fermo.

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Dalle stesse intuizioni nascono gli scatti, conosciuti poi in tutto il mondo, realizzati nel 1969 al Teatro Mediterraneo di Napoli durante la performance del Living Theatre quando Fabio Donato ribalta il punto di vista e scatta appunto dal palcoscenico. Cogliendo in un gesto il senso stesso del Living Theatre che mette in scena il pubblico, cambiando quindi la prospettiva tra attore e spettatore, tra scena e platea, tra azione e ricezione, in sintesi tra oggettività e soggettività.
Intuizioni e punti di vista che sono sensazione e movimento costante del fotografo, che stimola attraverso le sue immagini al ruolo attivo di chi ne usufruisce. Altra prospettiva che trasparirà nei futuri lavori.

Parte un percorso lungo cinquant’anni, dal 1967 ad oggi, che si svilupperà su due direttrici: la ricerca artistica intesa come espressione di una poetica visuale che indaga i temi di tempo, movimento e soglia ed il reportage dei movimenti contemporanei nelle arti italiane e internazionali.

E’ così, nel procedere autonomo del suo modo di fare fotografia che evolvono pensieri e azioni artistiche e vengono realizzati progetti come “La Città” che espone a Milano insieme ai lavori di Luigi Ghirri, Franco Fontana, Luigi Albertini, messi insieme dal gallerista Lanfranco Colombo.
“La Città” è una ricerca fotografica sviluppata dal 1970 al 2006, in cui dettagli urbani come finestre, televisori, monitor sono confini del privato e soglie con l’esterno, l’altro da se che l’artista indaga da sempre.
Temi come la sospensione del tempo, la soglia come linea di demarcazione tra spazi, tempi e dimensioni mentali contrapposte, ed il “doppio”, il rapporto tra la realtà e la finzione, l’altro da sé sono territori espressivi della sua poetica.
La sperimentazione delle poetiche visuali racconta ancora oggi la circolarità del divenire, le soglie, il prima e il dopo.

La sua è una fotografia fatta anche di emozioni trasmesse e di astrazione del pensiero.
Negli anni ‘80 condivide un profondo confronto artistico con Ugo Mulas ed è partendo dall’opera “Verifiche” del celebre fotografo, in cui si esauriscono gli aspetti tecnici della base della fotografia, che Donato si inerpica su terreni più arditi e consoni alla sua natura: quelli della percezione.
E li sviluppa con sincretica profondità. Come negli scatti di Madrid del 2007 dove in un’unica immagine rende viva e presente la circolarità stessa della vita, che porta il critico d’arte Vincenzo Trione a definire che “la fotografia di Fabio Donato non è un’arte narrativa, ma un linguaggio intimamente poetico dotato di un’intensa carica evocatrice”.

In quegli anni realizza le fotografie per i primi due volumi della Storia della Sicilia antica a cura dell’archeologo, accademico di Francia, Georges Vallet, e i volumi per le edizioni internazionali (1996, 1997, 2005) del Museo della Medicina di Parigi.

Inoltre partecipa all’esposizione internazionale Fuori dall’ombra per le collezioni del Museo Nazionale di Capodimonte e cura la fotografia del catalogo della collezione che raccoglie 20 anni di storia di ricerca nelle arti visive.

Nel 1985 realizza “DIETRO LE MURA”, un reportage sociale sulla condizione giovanile nelle Carceri Minorili, che pubblica con la prefazione del sociologo Alberto Abruzzese.

In quegli anni, contemporaneamente, si sviluppa l’altra direttrice, quella dei reportage sugli artisti contemporanei italiani e internazionali.
Lavoro che lo porta a definirsi come “un viandante tra le arti”.
A partire dal ’68 collabora col gallerista Lucio Amelio, fotografando gli artisti e la realizzazione delle opere che sono confluite nella collezione internazionale “Terrae Motus” ospitata nel Museo Nazionale Reggia di Caserta e con il gallerista Peppe Morra e gli artisti internazionali il cui lavoro è confluito nelle collezioni della Fondazione Nitsch e della Fondazione Shimamoto.

Inoltre dal ‘76 collabora come fotografo di scena con Eduardo De Filippo, drammaturgo e regista teatrale internazionale e segue l’evoluzione sperimentale del teatro d’avanguardia con i registi Mario Santella, Armando Pugliese, Luca de Fusco, Tony Servillo, Mario Martone, di cui segue l’evoluzione dal teatro al cinema internazionale.

Le esperienze di teatro, danza, cinema, musica, pittura, scultura, design, moda, sono lette attraverso lo svilupparsi dei lavori di esponenti delle arti napoletani e internazionali attivi a Napoli, tra i quali per il teatro Eduardo De Filippo, Toni Servillo, Marcel Marceau, per il cinema Mario Martone, Roberto Benigni, Lina Wertmuller, per le arti visive Andy Warhol, Joseph Beuys, Helmut Newton, Robert Mapplethorpe, Hermann Nitsch, Jannis Kounellis, Mario Ceroli, Mimmo Paladino, Ernesto Tatafiore, Vito Acconci, per la musica Sting, Pino Daniele, Lucio Dalla, Ray Charles, Chet Baker, per la moda Mario Valentino, Roberto Capucci, per la cultura Gerardo Marotta, Lucio Amelio, e tante altre personalità che oggi fanno parte del suo archivio fotografico che raccoglie oltre 400.000 fotografie.

Dal ’90 insegna fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, e successivamente presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fonda e dirige il Corso di Laurea in Fotografia e, a tutt’oggi, insegna.

La maturità artistica ispira i progetti “MEDITERRANEO – Il Viaggiatore e le contaminazioni”, che osserva la Magna Grecia nei delicati equilibri dei canoni della bellezza nel rapporto tra manufatto artistico e natura contemporanea, e “Contemporary Italian Fashion mirrored in the Arts”, che coglie gli intrecci tra il manufatto del design di moda contemporaneo riflesso nelle ambientazioni delle arti, ispirato dai modelli d’abito di Roberto Capucci messi in relazione con il genius loci degli spazi funzionali dell’architettura classica e di Gianni Molaro, in cui il gli abiti animano il palcoscenico di un teatro ottocentesco napoletano.

Il suo lavoro contempla reportages internazionali che lo hanno portato, dopo l’India, in Cina, Irak, Cuba. Lavori raccolti nei progetti “Visual Essays” che espone in quei paesi, tra cui, nel 1982, al Museo delle Arti Estetiche di Pechino e, nel 2015, all’esposizione della Biennale Internazionale delle Fotografia di Jinan in Cina in cui riceve il Premio Internazionale per la Fotografia.

Nel 1982 espone alla Biennale Internazionale delle Arti di Venezia.
Nel 2007, a Napoli, il Museo Nazionale di Capodimonte realizza l’esposizione INFINITI, l’antologica dell’opera di Fabio Donato.

L’archivio di Fabio Donato rappresenta un documento storico espressivo dell’arte fotografica e delle arti contemporanee internazionali, le cui fotografie sono state acquisite da prestigiose collezioni museali nazionali quali il Museo di Arte Contemporanea della Metropolitana di Napoli, il Museo Nazionale di Capodimonte, e internazionali nei Musei di Francia, Brasile, Cina, Messico.

Mostre personali e collettive dal 1969 ad oggi si sono tenute a Nizza, Angouleme, New York, San Francisco, Bilbao, Monaco, San Pietroburgo, San Paolo del Brasile, Pechino, Jihan, La Habana, Toronto, Novi Sad e in Italia a Napoli, Roma, Venezia, Milano, Reggio Emilia, Caserta, Firenze, Palermo, Capri, Genova, Perugia.

Sul suo lavoro hanno scritto, tra gli altri Piero Berengo Gardin, Angelo Schwarz, Alberto Abruzzese, Vincenzo Trione, Luciano D’Alessandro, Luciana Libero, Georges Vallet, Angelo Trimarco, Michele Bonuomo.

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